E’ una domanda senza dubbio molto frequente, sia nelle prove scritte che prevedono una risposta commentata, sia nella prova orale.
In questo articolo cercheremo di fare chiarezza sulle due figure di reato e di capire quali sono gli elementi che accomunano le due fattispecie e quali sono le differenze.
Entrambi i reati sono inseriti nel titolo II del Libro II del Codice Penale intitolato: “Dei delitti contro la Pubblica Amministrazione”.
Entrambi i reati sono c.d. “propri” perché possono essere commessi soltanto da coloro che rivestono una determinata qualifica o posizione, nel nostro caso lo “status” di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio.
Il reato di corruzione inoltre, presenta due autonome fattispecie: la corruzione impropria (art. 318 c.p.) e la corruzione propria (art. 319 c.p.).
Procediamo adesso alla lettura delle norme:
Art. 317 c.p. (Concussione)
“Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da sei a dodici anni.”
Art. 318 c.p. (Corruzione per un atto d'ufficio)
“Il pubblico ufficiale che, per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità o ne accetta la promessa è punito con la reclusione da uno a sei anni.
Se il pubblico ufficiale riceve la retribuzione per un atto d'ufficio da lui già compiuto, la pena è della reclusione fino a un anno.”
Art. 319 c.p. (Corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio)
“Il pubblico ufficiale, che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da due a cinque anni.
La pena è aumentata se il fatto di cui all'art. 319 c.p. ha per oggetto il conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti nei quali sia interessata l'amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene.
La pena è aumentata (art. 319-bis c.p.) se il fatto di cui all'art. 319 c.p. ha per oggetto il conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti nei quali sia interessata l'amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene.”
L’art. 320 c.p. (Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) specifica che il reato di corruzione (impropria e propria) può essere commesso anche dall’incaricato di pubblico servizio.
“Le disposizioni degli articoli 318 e 319 si applicano anche all'incaricato di un pubblico servizio.”
Il reato di concussione è il delitto più grave tra quelli contro la pubblica amministrazione.
E’ una sorta di “estorsione aggravata” che vede l’autore della condotta (il pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio) abusare del suo ruolo e della sua posizione ai danni della vittima che subisce la costrizione o l’intimidazione. La vittima nel reato di concussione si trova in uno stato di soggezione che deriva dall’abuso del soggetto pubblico. Affinché il reato si configuri, è richiesto che la vittima coartata effettui una dazione di denaro o altra utilità, oppure ne faccia promessa. Ovviamente, non sono previste pene per la vittima, come invece avviene nel reato di corruzione.
Ad esempio, l’agente di polizia locale che costringe un commerciante a pagare una somma di denaro per non effettuare un'ispezione al suo esercizio commerciale, commette il reato di concussione.
Nel reato di corruzione c’è un accordo tra le due parti, un vero e proprio patto tra il corruttore ed il corrotto.
Quest’ultimo è il pubblico ufficiale (o incaricato di pubblico servizio) che per svolgere il proprio lavoro riceve (per sé o per un terzo) denaro o altra utilità (oppure ne accetta la promessa). Se invece ha già compiuto l’atto la pena è diminuita. Questa descritta è la corruzione “impropria” disciplinata dall’art. 318 c.p. e punita meno severamente della corruzione c.d. “propria” (art. 319 c.p.).
La corruzione “propria” è la situazione nella quale il pubblico ufficiale (o incaricato di pubblico servizio) si fa corrompere (con denaro o altro oppure promesse, anche in favore di un terzo) per omettere o ritardare un atto del proprio ufficio, oppure per compiere un atto che è contrario ai doveri d’ufficio.
Ad esempio, l’agente di polizia locale che riceve da un automobilista una somma di denaro per “chiudere un occhio” e di conseguenza non redigere un verbale di contestazione per una violazione al codice della strada, che andrebbe invece elevata, si macchia del reato di corruzione.
Nelle fattispecie di reato di corruzione sono previste pene sia per il corruttore, sia per il corrotto.
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